Omelia Mercoledì delle Ceneri 2016

Mercoledì delle Ceneri                                                          10/2/2016

 

Messaggio del Papa: MISERICORDIA IO VOGLIO… (Mt 9,13)

Le opere di misericordia nel cammino giubilare

 

Papa Francesco ha voluto esplicitamente che l’anno santo, anno di misericordia, fosse l’occasione per riflettere e vivere in modo più esplicito e intenso le OPERE DI MISERICORDIA sia corporale che spirituale. Al n. 15 della Bolla di indizione chiede: “E’ mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono sempre di più nel cuore della misericordia divina”.

Dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti e poi consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e i morti. Perché non dobbiamo dimenticare che “in base ad esse saremo giudicati”. Più che sul male fatto, saremo giudicate sul bene che abbiamo omesso! E il Papa cita San Giovanni della Croce che dice: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore”.

Sono due elenchi simbolici, due cataloghi di virtù molto presenti nella cultura ebraica, passate nel Nuovo Testamento e in particolare nel grande discorso sul giudizio universale che Gesù fa al cap. 25 di Mt.

Sono elenchi che poi vanno continuamente adattati, aggiornati, attualizzati. Già San Benedetto ad esempio aggiungeva un ottavo punto molto significativo: “Non disperare mai della misericordia di Dio”.

Dicevo che sono peccati di omissione, e sono i peccati che ci dimentichiamo più facilmente (famosa la frase molto usata: “che male ho fatto?”, “che male c’è”, mentre non si dice mai: “che bene manca?”). Se non fare il male è giustizia, operare per il bene è misericordia. Significa prestare attenzione, essere sensibili verso la miseria che concretamente incontriamo. Potremo dire: “fare qualcosa”, pur sapendo che non risolviamo i problemi o il problema, ma fare concretamente qualcosa, metterci in gioco, pagare qualcosa di tasca nostra, come seppe fare il buon Samaritano. Significa non essere sordi e ciechi nei confronti dei bisogni materiali e spirituali degli altri. Spezzare l’indurimento del cuore verso la chiamata che Dio ci rivolge ogni volta che incontriamo la miseria di qualcuno.

Le povertà sono tante e i poveri ancora di più: “Li avrete sempre con voi” dirà un giorno Gesù. Ma questo non ci  deve impedire di fare qualcosa.

Se proviamo ad attualizzarle vediamo che non mancano le occasioni, per tutti (e forse, senza nemmeno saperlo, qualcuna la stiamo già vivendo).

C’è la povertà fisica: non avere una casa oltre che il cibo e il vestito, oggi possiamo aggiungere illavoro. Lavoro e casa sono due emergenze che ci sono anche nel nostro territorio (due famiglie con 12 persone che vivono su 2 stanze: vi sembra accettabile? Mutui da strozzinaggio per 35 mq, cose di Camposampiero!!!).

Poi c’è la povertà culturale: non avere nessuna o solo poche possibilità di studiare e quindi prospettive di futuro, esclusi come si è dalla vita culturale e sociale di un paese (il progetto “Inclusione” coordinato dalla Caritas, Scuole infanzia, Amministrazione comunale e altri soggetti, cerca di limitare i danni qui).

E ancora la povertà di relazioni: la solitudine e l’isolamento di tanti anziani, di persone che si sono separate, il lutto che lascia soli, la malattia che isola, i pregiudizi che alimentiamo verso certe categorie di persone…

In fine la povertà spirituale: la mancanza di una speranza, di un orientamento, il vuoto interiore, il vuoto di senso della vita, lo smarrimento morale e spirituale, la depressione o le malattie mentali.

Cosa stiamo facendo? Cosa possiamo fare?

Non possiamo non agire. Per poco o per molto non importa. Come singoli, come gruppi, associazioni, parrocchia o amministrazioni comunali: se vogliamo dirci un poco cristiani, se vogliamo dirci abbastanza umani, non possiamo non aiutare gli altri che sono nel bisogno.

Certo al primo posto c’è l’aiuto materiale, spesso è quello più facile, ma è anche quello che potrebbe creare l’alibi che qualcosa si è fatto e si trascurano gli altri bisogni: culturale, relazionale e spirituale. E poi va detto che non possiamo restare sempre nella fase dell’aiuto, dobbiamo anche puntare alla promozione umana che porta alla dignità del sapersi aiutare da soli… un impegno integrale, per tutta la persona non solo per sopravvivere, ma anche per una vita piena.

Concludo ricordando lo schema di una preghiera di Sr. Faustina che nel 1937, essa pregava il Signore perché la aiutasse ad avere: occhi, udito, lingua, mani, piedi e cuore carichi di misericordia per vedere, ascoltare, giudicare, aiutare, andare, amare le persone bisognose. E concludeva con un triplice grado di misericordia: se possibile aiutare concretamente, almeno cercare di parlare bene, in fine se non posso né l’una né l’altra, pregare con misericordia. Qui ce n’è per tutti.