Omelia del giorno di Natale 2018

QUALE NATALE VUOI?
L’altro giorno ho visto in televisione un servizio giornalistico sul restauro della basilica di Betlemme (la ditta ovviamente è italiana…!). Chi è stato in Terra Santa qualche anno fa se la ricorderà: vecchia, sporca, rovinata, degradata. È la basilica più antica del mondo, probabilmente, fatta costruire intorno al 330 d.C. dall’imperatore convertito Costantino e dalla madre, l’imperatrice Elena. Ora hanno restaurato il tetto e non piove più dentro (ci hanno trovato anche due frecce conficcate, ricordo di una delle tante battaglie viste nei secoli). Hanno ripulito i muri e le colonne annerite dal fumo delle candele e dal tempo. Hanno ripulito e mosaici bizantini, scoprendone di nuovi che si credevano perduti. Forse porteranno alla luce il pavimento a mosaico, sembra risalga addirittura all’epoca di Sant’Elena. E’ uno dei luoghi più santi della cristianità: custodisce la grotta dove è nato Gesù.
Perché vi racconto questo oggi? Perché quell’antichissima chiesa ci parla oggi, giorno di Natale. Parla del Natale e parla di noi.
Parla del tesoro preziosissimo, grandissimo che è il Natale. Ce lo dicono i tesori d’arte riscoperti, ce lo dice l’antichità incredibile di quel l’edificio ancora oggi utilizzato. Ce lo dice quel segno famoso e originale che è la così detta “porta dell’umiltà”, la porta di accesso piccola, tanto che sei costretto a piegarti per entrare, perché davanti al mistero grande di Dio, all’amore grande di Dio a noi non resta altro che un gesto: l’inchino! Solo questo è l’inchino possibile, che vale la pena. Gli altri inchini sanno di mafia (certe processioni), sanno di arroganza (nave Concordia), sanno di viltà (davanti ai potenti).
E infatti se ora quella basilica di Betlemme sta risplendendo in tutta la sua bellezza (il restauro sarà completato però l’anno prossimo), non meno significativa era anche prima.
Ci parlava della nostra umanità, quella umanità in mezzo alla quale IL VERBO SI È FATTO CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI: umanità, sporca, umanità dove spesso anche la preghiera annerisce, come il fumo delle candele, umanità dove piove dentro o con i segni, le frecce, di violenza conficcati nella carne. Umanità dove la porta per incontrare Dio è sempre piccola anche per il nostro egoismo, il nostro peccato, le nostre miserie.
Parla del Natale e parla di noi dunque quella basilica.
Quella “nostalgia” di cui parlavo questa notte è anche il sentimento che possiamo provare pensando a quella basilica e alla nostra vita davanti al mistero del Natale: nostalgia di quel tesoro prezioso che siamo ciascuno di noi dove Dio è venuto ad abitare. Forse qualcuno ha storto il naso di fronte alla copertina della “Voce” (e c’è già un’altra foto di attualità di un neonato su un barcone!). Forse anche perché non ha letto la didascalia che è riportata all’interno. Dentro l’umano, dentro ogni umano, ogni uomo e ogni donna, cristiano o mussulmano, bianco o nero, sano o malato, onesto o delinquente, già nato o non ancora nato, cosciente o incosciente, omosessuale o eterosessuale, giusto o peccatore, nonostante ogni differenza, anzi proprio dentro ogni differenza, IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN NOI. Quella copertina è il Natale, ci parla del Natale vero, di Dio che ama ogni persona ed entra dalla porta piccola, la porta di servizio, la porta della umanità che soffre di più.
Non è un discorso politico. La politica deve fare i conti con la realtà che è complessa. Ma la fede, anche quella dei politici (e degli elettori che siamo noi, tutti noi), deve fare i conti con la propria coscienza e con il Vangelo. E il Vangelo letto e vissuto con retta coscienza dice una cosa chiarissima: se vuoi che il Natale sia vero fai di tutto, secondo le tue possibilità, perché sia Natale per tutti. Anche i tuoi nemici, tanto più per i disperati che scappano dalla guerra o dalla fame o solo dalla povertà: Per il Vangelo il Natale è per tutti o non è!
Vi auguro un buon Natale, certo. Un Natale che sia dolce, certo. Ma perché sia vero non può non esserci (per noi adulti) un pizzico di amaro. Ci sia almeno un po’ di sofferenza per chi soffre, per chi non può fare un Natale al caldo, a casa propria, con persone che ama. Se il nostro Natale saprà, almeno nel nostro cuore, se non a casa nostra, trovare un poco di posto per i più poveri e i più sfortunati, non sarà vero Natale. Vorrà dire che la porta del nostro cuore si è così rimpicciolita che non riusciremo nemmeno noi a rientrare a casa nostra dove Gesù è nato. E non sarà Natale!
A questo punto abbiamo 2 possibilità: o CHIUDERCI in noi stessi e restare soli, magari ricchi, ma con un cuore vuoto; oppure APRIRE le mani e il cuore a Dio e ai fratelli, soprattutto i più poveri. Solo così la porta si ingrandirà quel tanto che basta, per riuscire ad entrare nella basilica di Betlemme che è il nostro cuore e ritrovare Gesù appena nato per me e sarà Natale. E tu quale Natale vuoi?