Omelia del 9 agosto 2020
|19^ domenica del Tempo Ordinario Anno A – PRESI PER MANO – E’ il gesto con cui GESU’ salva PIETRO quando affondare nell’acqua, nella sua incredulità.
E PRESI PER MANO siamo noi ogni volta che veniamo a Messa, ogni volta che celebriamo un sacramento, ogni volta che preghiamo, che apriamo il Vangelo, ogni volta che aiutiamo un povero, ogni volta che facciamo bene, con onestà, il nostro dovere, nel campo degli affetti, del lavoro, del sociale…
Quel gesto di GESU’ racchiude tutta la nostra fede e tutto il dono di Dio per noi, il Vangelo intero. E racchiude la nostra vita, il suo senso e la sua forma: cosa stiamo a fare a questo mondo? Abbiamo 2 scelte, 2 strade, 2 opportunità:
- Tenere le mani in tasca e pensare solo alla nostra strada… e così affondare da soli mentre lasciamo affondare gli altri.
- Tendere la mano al fratello, sapendo che a nostra volta Dio ha teso e tende la mano verso di noi… e ci salva.
Come preferisci vivere? Come vorresti vivere? Come vivi?
Io preferisco così: sapere che la mia mano è saldamente nelle mani di Dio e per questo, cercare, ogni giorno, per quanto mi è possibile, di tendere la mano agli altri… e sono contento… e vado a dormire contento: il cuore pieno di gioia (a volte di più, a volte di meno), anche se spesso le tasche sono vuote.
Chi tiene le mani in tasca probabilmente ha le tasche piene (certamente più piene delle mie), ma il suo cuore spesso è triste e vuoto.
È la sfida di una FEDE autentica, quella che GESU’ è venuto a proporci.
Quella che ELIA aveva intuito e sperimentato dopo essere stato difeso e nutrito dal Signore e condotto al MONTE OREB dove fa l’esperienza di SENTIRE UN DIO VICINO, rassicurante come una BREZZA LEGGERA, non spaventoso come una TEMPESTA DI VENTO, un TERREMOTO, un FUOCO.
Quella di PAOLO, che soffre e patisce per tanti suoi CONSANGUINEI ISRAELITI che si ostinano, nonostante tutte le promesse e i doni straordinari ricevuti, a non riconoscerlo MESSIA e si rammarica e non si dà pace.
È una bellissima invece questa pagina di VANGELO, come sempre del resto. È piena di riflessi interessanti. Vediamone alcuni:
1) Il riflesso pasquale più o meno nascosto in questo episodio miracoloso e straordinario. A partire da quel PRANZO ECCEZZIONALE che lo precede, ascoltato domenica scorsa, che ha tutto un sapore eucaristico, da ultima cena.
2) Il riflesso missionario in quel COSTRINGRE I DISCEPOLI A SALIRE SULLA BARCA E A PRECEDERLO. Quanto attende GESU’ da noi, dalla nostra Chiesa, dalle nostre parrocchie, il coraggio di “andare avanti”, “andare oltre”, “andare fuori”, oltre i nostri recinti rassicuranti, oltre le nostre consuete abitudini, oltre i nostri riti un po’ logori. Non si stanca Papa Francesco a richiamarci e ad invitarci a fare così, ad essere così. Bisogna riconoscere che siamo pigri, che siamo così poco disponibili a lasciarci “PRENDERE PER MANO” e “spingere oltre” anche se il MARE fa paura.
3) Il riflesso ecclesiale, con il riferimento alla BARCA, dove i DISCEPOLI sono insieme e faticano a causa del VENTO CONTRARIO e della NOTTE, così come spesso appare la nostra Chiesa, sballottata dalle onde della vita e senza una luce apparente.
4) Il riflesso spirituale, con GESU’ che SALI’ SUL MONTE A PREGARE, DA SOLO. Quante volte avremo bisogno anche noi di questo. E lo sentiamo, anche se spesso lo sprechiamo con delle ferie di corsa, dove ci riempiamo il tempo e la testa di altro, dimenticando che “non di solo pane vive l’uomo”.
Potremo continuare. Concludo con i due riflessi finali, forse centrali:
- CORAGGIO, SONO IO risponde GESU’ alla PAURA dei discepoli. C’è tutto Gesù, con la sensibilità umana in quell’incoraggiare e la sua rivelazione divina in quel “sono io” che ricorda la rivelazione del “nome di Dio” sul Sinai.
- UOMO DI POCA FEDE, dice a PIETRO e lo dice a noi, senza paura, senza disprezzo. Così ci siamo noi, nelle sue labbra, con le nostre piccolezze e fragilità.
Gesù è con noi e noi siamo con Lui, nel suo cuore, così come siamo. Nessuna tempesta ci può far paura.