Omelia del 27 novembre 2022

1^ domenica del Tempo di Avvento/A – OLTRE – Ci sono almeno 2 riferimenti all’attualità che mi colpiscono in queste pagine della Scrittura, con le quali apriamo il Tempo di AVVENTO.
Una è in “negativo”, nel senso che non sta accadendo per niente quello che c’è scritto. È la prima lettura, il profeta ISAIA, che scrive: SPEZZERANNO LE LORO SPADE E NE FARANNO ARATRI, DELLE LORO LANCE FARANNO FALCI; UNA NAZIONE NON ALZERA’ PIU’ LA SPADA CONTRO UN’ALTRA NAZIONE, NON IMPARERANNO PIU’ L’ARTE DELLA GUERRA…
L’altra invece possiamo dirla in “positivo”, nel senso che continua esattamente ad accadere quello che è scritto. È il Vangelo di Matteo quando dice: MANGIAVANO, BEVEVANO, PRENDEVANO MOGLIE E MARITO, DUE UOMINI NEL CAMPO a lavorare, DUE DONNE MACINERANNO ALLA MOLA, per il pranzo.
Nel primo caso il PROFETA annuncia un tempo nuovo, ALLA FINE DEI GIORNI, dove AFFLUIRANNO TUTTE LE GENTI, per un cammino comune guidato da Dio: SALIAMO SUL MONTE DEL SIGNORE… PERCHE’ CI INSEGNI LE SUE VIE E POSSIAMO CAMMINARE PER I SUOI SENTIERI. Invece continuiamo a fare la guerra, a fabbricare armi, a cercare con i nostri mezzi di potere di dominare il mondo (ogni riferimento all’attualità è voluto).
Nel secondo caso l’EVANGELISTA, sta parlando della VENUTA DEL FIGLIO DELL’UOMO, paragonata ai GIORNI DI NOE’, dove gli uomini vivono le cose di ogni giorno senza pensare che tutto finirà, che tutto passerà, senza VEGLIARE perché all’arrivo del FIGLIO DELL’UOMO possano essere pronti ad accoglierlo, ad incontrarlo. Invece… oggi non c’è molta traccia di un’attesa ne fiduciosa e nemmeno paurosa… Sembra che non si attenda più nulla.
Noi cristiani non siamo così. Noi cristiani non vorremo essere così.
Noi cristiani, anche se siamo così, ci proviamo ad essere diversi.
Noi cristiani, attendiamo, VEGLIAMO, ci prepariamo… o no!?!
Noi che cristiani siamo? Noi come viviamo? Noi cosa attendiamo?
Le cose, le occupazioni di ogni giorno (mangiare, bere, sposarsi/non sposarsi, lavorare, cucinare, ecc…) sono certo azioni per vivere adesso, ma sono anche un “segno” che ci parla di un futuro buono, di un sogno dove davvero le SPADE, le ARMI, diventeranno strumenti di lavoro e di vita, FALCI e ARATRI. Se non fosse o non è così, diventano occasione per vivere in superficie, e quindi per “non vivere”. Noi cristiani cerchiamo di essere diversi: per noi sono doni che abbiamo avuto per vivere in profondità, per vivere veramente!
La vita che scorre e che passa, sappiamo bene che è sempre breve, per quanto lunga possa essere, e arriva all’improvviso il giorno fatidico della nostra morte, arriva sempre all’improvviso, ma altrettanto bene sappiamo, noi cristiani lo sappiamo (e preghiamo il Signore che ci aiuti a crederlo e a saperlo ogni giorno, fino a quel giorno) che non è la fine, ma il passaggio, non è il buio, ma la LUCE, non è la morte, ma la vita.
Oggi nel tempo in cui sappiamo tutto, in realtà non sappiamo nulla o sappiamo sempre meno perchè non crediamo a nulla o crediamo sempre meno. Mentre invece siamo invitati – soprattutto oggi, soprattutto con l’AVVENTO – a “vedere oltre”, a “sperare oltre”, ad “attendere oltre”… Abbiamo un “OLTRE” che ci attende e ha il profumo del pane e dei confetti, ha il sapore del buon vino e della terra appena smossa, ha il calore e la delicatezza delle mani di nostra mamma quando ci accarezzava i capelli e la solidità e la rassicurazione dello sguardo di nostro papà quando eravamo piccoli.
È l’abbraccio grande, per tutti, per sempre di un Dio che è padre, madre, fratello e sorella di tutti. Un Dio che non è rimasto nascosto nei cieli, perso nelle immensità da Lui create con l’universo (e nemmeno in quelle create dall’uomo del metaverso), ma si è fatto granello di polvere, piccolo bambino venuto sulla terra, su questa terra piccola e fragile, per abitare con noi e dirci: C’è speranza! C’è futuro! C’è vita! In questa vita e OLTRE. In questo presente e OLTRE. In queste guerre, ma soprattutto OLTRE.

L’AVVENTO è il tempo per crederci, per ricominciare a crederci, ricominciare a rinnovare la fede. Serve poco, possiamo fare tanto. Bastano piccoli segni: un presepio, una preghiera, un po’ di carità, un po’ di condivisione, la carezza di una mamma o di un papà, il sorriso e l’abbraccio del figlio. C’è speranza, oltre, ma ora inizia! Se voglio!