Omelia del 24 maggio 2020

Ascensione/Anno A – VERSO L’ALTO E VERSO L’ALTRO – Ripresa delle Messe in tempo di coronavirus – Parafrasando un’immagine di un autore potremo descrivere la festa dell’Ascensione con queste parole: “verso l’alto e verso l’altro”.

Mi sembra una sintesi perfetta non solo di questa festa, ma anche di questa domenica speciale, dove, dopo quasi 3 mesi riprendiamo a celebrare finalmente insieme, in chiesa, il popolo di Dio riunito: sacerdote e fedeli, tutti membri dell’unico popolo che insieme celebra, ognuno secondo il proprio compito esattamente con questa logica: “verso l’alto” – verso Dio – e “verso l’altro”, verso i fratelli, reciprocamente.

La fede o ci mette in questo duplice movimento o non è fede.

La Chiesa o vive di questo doppio movimento o non è Chiesa.

La celebrazione eucaristica, dove tutti, unico popolo di Dio, esercitiamo il comune sacerdozio battesimale, pur nella distinzione dei doni e delle vocazioni, o ci porta in questa duplice direzione o è inutile.

Grazie Signore. Grazie perché oggi possiamo riprendere in modo più forte e vero questo doppio cammino che ci chiedi.

Un doppio cammino. Ripeto: O camminiamo in entrambe le direzioni, “verso l’alto” e “verso l’altro” o non camminiamo affatto.

E questo va sottolineato tanto, perché è facile scivolare e separare.

 

C’è che vuole camminare solo “verso l’alto”: fa le sue preghiere, devozioni, non vuole la comunione in mano o con i guanti, per rispetto dell’Assoluto che è Dio, ma rischia di andare solo verso l’alto dimenticando che gli angeli stessi, quel giorno dissero ai discepoli (è la prima lettura): PERCHE’ STATE A GUARDARE IL CIELO? Come dire: è ora di camminare nel mondo a cercare fratelli. Oppure (è il Vangelo): ANDATE… FATE DISCEPOLI.

C’è ovviamente anche chi vuole camminare solo “verso l’altro”: fa molte opere di bene, tanta solidarietà, filantropia, cose buone, buonissime, ma se si dimentica Dio, se non si prega, se non si ricevono i sacramenti, diventano, come le chiama Papa Francesco “pelagianesimo”, oggi possiamo chiamarla “superbia dell’io”, pretesa di fare da soli e si finisce per dimenticare Dio.

 

L’ASCENSIONE dunque mette le cose a posto: “verso l’alto e verso l’altro”. Tutte e due le direzioni, insieme.

La pandemia stessa è stata ed è una prova utile, tentazione e occasione. Tentazione quando la necessaria separazione fisica poteva diventare davvero lontananza gli uni dagli altri, oppure occasione per trovare modi nuovi per stare insieme (e infatti tante famiglie hanno scoperto un modo nuovo per stare insieme ad esempio). Tentazione perché ci ha privato dei sacramenti per tanto tempo, della vita comunitaria, ma occasione per riscoprire dimensioni nuove per vivere la fede in casa, da remoto, nel silenzio, nella lentezza, nella fragilità, ognuno di noi ha avuto tante occasioni per stare in modo nuovo con Dio.

 

E allora partiamo dalla fine. Torniamo al Vangelo. Scrive MATTEO come ultime parole di Gesù (lui non racconta come fa Luca, l’ascensione come esperienza concreta), che dicono il profondo significato dell’Ascensione: IO SONO CON VOI TUTTI I GIORNI, FINO ALLA FINE…

O si. GESU’ sale al cielo, sembra andarsene, ma sappiamo che è esattamente il contrario, va per restare (ancora il doppio cammino), si allontana, per stare più vicino, scompare agli occhi della vista per essere visibile agli occhi del cuore (seconda lettura). Lo abbiamo visto ad EMMAUS, lo capiamo quando dice: VI MANDERO’ UN CONSOLATORE, che LO SPIRITO DELLA VERITA’.

Che bella allora questa festa. Che belli questi ultimi versetti di Matteo dove davvero il Cielo e la Terra si uniscono. La grandezza e la piccolezza di fondono, la perfezione e l’imperfezione si possono specchiare e reciprocamente, anche se asimmetricamente, accogliere.

Basta notare il particolare degli UNDICI, numero ferito che Matteo non nasconde, come pure nemmeno nasconde il loro DUBBIO.

Eppure a loro, come a noi, imperfetti, Gesù consegna tutto, addirittura la missione della Chiesa: ANDATE e FATE DISCEPOLI TUTTI I POPOLI. Tutti. BATTEZZATE e INSEGNATE senza paura, senza timidezze, senza calcoli.

Finalmente anche noi ripartiamo, insieme tra noi e con Dio, non eravamo separati prima, ma non era la stessa cosa. Facciamo buon uso di questo dono. E il buon uso dei doni di Dio è…: donarli!!!