Omelia 21 giugno 2015
|12^ DOMENICA TO/B 21/06/2015
LE TEMPESTE DELLA VITA
Quante tempeste nelle nostre vite e nella vita di tanta gente, anche in questi giorni. TEMPESTE vere e proprie in mezzo al mediterraneo, oppure tempeste dentro le nostre famiglie, nelle nostre relazioni, nei nostri cuori, oppure tempeste nei rapporti di lavoro, nei sistemi economici e politici e in fine tempeste vere e proprie nel rapporto con la natura e l’uomo, con catastrofi incredibili e inattese, tanto che costringere il papa a scrivere una lettera enciclica, LAUDATO SI, per ricordare a tutti, non solo ai cristiani, che abitiamo una CASA COMUNE e che tutti dobbiamo prendercene cura, cosa che non stiamo facendo con adeguato impegno e così la natura stessa ci si ribella contro con le sue tempeste.
E’ la situazione dei DISCEPOLI, che abbiamo appena ascoltato nel Vangelo, ma è anche la situazione di GIOBBE, travolto da innumerevoli e inaudite disgrazie.
Quando le TEMPESTE sono troppo forti rispetto alle nostre forze, e capita, capita spesso, abbiamo due possibilità:
– la ribellione, la bestemmia contro Dio e contro gli uomini (il governo, le multinazionali, le lobby di potere, l’esercito, ecc… chi più ne ha più ne metta);
– oppure la preghiera, l’implorazione, l’affidamento fiducioso nell’unico che può agire, ben sapendo che tale suo agire non sempre è secondo i nostri tempi e le nostre aspettative.
La prima risposta non ci riguarda (forse), per lo meno non la seguiamo troppo a fondo, non saremo qui. Ma sappiamo che riguarda tanta gente che finisce per allontanarsi da Dio o che è perennemente arrabbiata e questo non dovrebbe lasciarci indifferenti. Proprio nella logica della “casa comune” a cui ci richiama il Papa nella sua ultima enciclica, ma anche nella logica missionaria e di “uscita” alla quale evagnelicamente ci ha sempre stimolato, dovremo comunque sentire la chiamata ad occuparci di questi fratelli, a non lasciarli soli, a non abbandonarli nella loro barca alla deriva nel mare della vita..
Ma la seconda (la preghiera), attenzione, è solo apparentemente più facile, ma non lo è se presa sul serio e fino in fondo. Certo, da credenti, contare sulla preghiera e sulla fiducia in un Dio provvidente che si prende cura di noi è bello e rassicurante, comunque ti dona speranza, tanta speranza. Ma anche la preghiera è impegnativa. Lo è soprattutto perché, se è vera preghiera, non può non lasciare a Dio la sua libertà di agire secondo i suoi modi e tempi per rispondere ed esaudire le nostre richieste e questo non sempre lo capiamo e siamo in grado di accettarlo facilmente.
Quell’affermazione dei discepoli: MAESTRO NON T’IMPORTA CHE SIAMO PERDUTI? Ci riguarda eccome. Quante volte anche noi abbiamo come la sensazione che Gesù DORME mentre VENTO E ONDE SI ROVESCIAVANO NELLA BARCA CHE ORMAI ERA PIENA. Qual è la risposta?
– a GIOBBE Dio risponde che il mare lo ha creato Lui per cui non si deve preoccupare, anzi si deve anche un po’ vergognare perchè non si è fidato di Dio;
– ai DISCEPOLI Gesù chiede dov’è la loro FEDE visto che sono così pieni di PAURA.
E così risponde anche a noi e alle nostre tempeste.
SAN PAOLO nella seconda lettura, parlando ai CORINZI, ci da alcune spiegazioni:
– L’AMORE DEL CRISTO CI POSSIEDE. Se siamo suo possesso possiamo pensare che saremo abbandonati in mezzo a qualche tempesta?
– EGLI E’ MORTO PER TUTTI, PERCHE’ POSSIAMO VIVERE. Se è morto per noi possiamo pensare che saremo abbandonati nella tempesta?
– SE UNO E’ IN CRISTO E’ UNA CREATURA NUOVA. Se in Lui siamo nuovi, se ci ha rinnovati, volete che poi ci abbandoni al nostro destino?
Siamo dunque portatori di una grande speranza, contro ogni evidenza, contro ogni tempesta, noi cristiani siamo chiamati a credere e a sperare, per noi stessi, ma anche per tutti coloro che non hanno questo doni, credere e sperare che nella nostra BARCA c’è GESU’ e lui vigila e si prende cura di noi, anche se a volte non si sembra.
Alla domanda: “CHI E’?” noi sappiamo la riposta (o no?).