Omelia 13 dicembre 2015
|III^ domenica di AVVENTO/C 13/12/2015
VESTITI DALL’AMORE DI DIO
Opera di misericordia: vestire gli ignudi
Abbiamo tutti negli occhi certamente le immagini delle PORTE SANTE che il Papa ha aperto: quella solenne e piena d’arte a San Pietro e quella semplice e povera di Bangui in Centrafrica. L’ANNO SANTO è aperto per “risvegliare” nei nostri cuori a volte troppo abituati, la certezza della MISERICORDIA di Dio. Risvegliarla, ma anche ravvivarla e rinnovarla con parole e gesti nuovi da ricevere e da donare.
Oggi verrà aperta la PORTA SANTA della CATTEDRALE DI TREVISO, novità introdotta da Papa Francesco per “avvicinare” questa opportunità a ciascuno di noi. Nei prossimi mesi altre porte saranno aperte in diocesi a testimoniare la larghezza del dono che Dio vuole farci e sempre ci fa.
La terza domenica di Avvento è particolarmente indicata per fare questi annunci, perché e chiamata la domenica “gaudete” cioè DELLA GIOIA. E le letture, prima e seconda, (il profeta Sofonia e Paolo ai Filippesi) ben ce lo ricordano. Sono un continuo invito alla GIOIA (3 volte), al RALLEGRARSI e all’ESULTANZA, al NON TEMERE (cf Sofonia) e all’essere LIETI, AMABILI, al NON ANGUSTIARSI, alla PACE (cf Filippesi). E’ tanto importante che la liturgia prevederebbe anche un colore speciale, il Rosaceo…
O si, l’Avvento e il Natale ci propongono e ripropongono sempre una vita abitata dalla GIOIA, la vita cristiana vuole essere una proposta di vita piena di LETIZIA, l’Anno Santo invece vuole essere l’amplificatore di questo dono che motiva l’ESULTANZA e la PACE che nascono dalla certezza della MISERICORDIA DI DIO.
Chi non vorrebbe questi regali?
Chi non li cerca più o meno segretamente, magari andando a cercarli nei modi e nei posti più disparati e a volte più disperati?
Cosa cercano tutti questi fratelli africani, siriani, afgani, ecc… se non una vita migliore, più gioiosa di come ce l’hanno?
Di cosa abbiamo paura noi europei quando alziamo muri e filo spinato ai confini se non che ci portino via una vita così?
Cosa cercavano i risparmiatori che hanno perso tutti i loro risparmi?
Siamo tutti assetati e affamati di gioia, di pace, di misericordia.
Anche ai tempi di GIOVANNI BATTISA, e siamo nel Vangelo di Luca, le FOLLE, i PUBBLICANI e I SOLDATI, erano rimasti molto colpiti dalle sue esortazioni, dai suoi discorsi e si chiedevano: CHE COSA DOBBIAMO FARE? Che possiamo tradurre oggi: come fare per essere felici, perché la nostra vita non sia un fallimento e non sia oggetto di condanna? Quale la CONVERSIONE da attuare?
E il BATTISTA risponde in modo molto interessante e molto attuale: propone non opere di penitenza o di tipo spirituale, magesti concreti dettati dalla carità. Oggi diremo opere di misericordia!!
Alle FOLLE propone proprio 2 opere di misericordia: sul VESTIRE e sul MANGIARE. E, ancora interessante, non chiede tutto, ma una parte. Potremo dire così: Vuoi essere felice? Condividi un po’ di cibo e qualche vestito (svuotare un poco i nostri armadi e frigoriferi. Non diciamo spesso che una volta che non c’erano eravamo più felici? Rischiamo un poca di condivisione dunque!).
Ai PUBBLICANI, oggi li possiamo paragonare a quei banchieri che hanno ingannato la gente proponendo investimenti pericolosi senza dirglielo: NON ESIGETE PIU’ DEL DOVUTO. Propone l’onestà. Essa non è un lusso, è necessaria per una vita buona, per sé e per gli altri. I disonesti li affidiamo al giudizio di Dio, intanto però invochiamo quello giudiziario per amore dei poveri e dei deboli.
Ai SOLDATI, ieri più di oggi mestiere a rischio perché quando hai la forza e le armi è difficile non approfittare, il Battista dice:ACCONTENTATEVI DELLE VOSTRE PAGHE, oggi parleremo di sobrietà nel vivere, senza pretendere più di ciò che ci serve.
Sobrietà, onestà, condivisione. La strada della felicità è semplice, come lo è il Vangelo che Gesù è venuto a portarci e che il BATTISTA ci ha anticipato.
E’ la strada del doppio amore di cui il Vangelo ci parla: quello a Dio ci dice la sorgente, il punto di appoggio, la solidità, quello agli uomini, tutti indistintamente ci dice la concretezza.
VESTIRE GLI IGNUNDI significa certo condividere i nostri, spesso troppi, vestiti, ma significa più profondamente rivestire d’amore ogni uomo e donna che incontriamo perché abbiamo fatto noi per primi l’esperienza di essere stati rivestiti dall’amore di Dio.